Giornata Alzheimer, la ricerca fa progressi

21 settembre, giornata mondiale della malattia di Alzheimer, e si fa il punto della situazione scientifica mondiale per sconfiggere la malattia. Gli ultimi progressi arrivano da un gruppo di ricercatori britannici, che dicono che quando gli accumuli della proteina beta-amiloide distruggono le sinapsi, i neuroni producono nuove quantità di questa sostanza, e la strage si perpetua: il “loop” infinito potrebbe in parte spiegare perché molti trial farmacologici per questa forma di demenza non funzionano.
Uno dei tratti ricorrenti nel cervello colpito da Alzheimer è l’accumulo di placche di proteina beta-amiloide, mucchi disordinati di una sostanza di scarto metabolico che circondano e distruggono le sinapsi, i punti nevralgici della comunicazione tra neuroni. Questo processo porta a morte cellulare, atrofia del cervello e problemi cognitivi, tra i quali la perdita di memoria.
La natura della beta-amiloide e il suo ruolo nell’origine della malattia non sono del tutto chiari: ancora ci si chiede, per esempio, se sia causa o sintomo di questa forma di demenza; altri studi le attribuiscono, prima che proliferi in modo incontrollato, un ruolo protettivo sui neuroni.
La teoria, pubblicata su Translational Psychiatry, è che, quando le aggregazioni di beta-amiloide distruggono una sinapsi, per tutta risposta le cellule nervose producono nuove quantità della proteina, mettendo così a rischio nuove sinapsi.
Fra i principali attori di questo circolo vizioso c’è una proteina ben nota a chi studia la malattia di Alzheimer: si chiama Dkk1 ed è un potente stimolatore della produzione di beta-amiloide. La sua concentrazione nel cervello aumenta con l’età. Questa proteina potrebbe essere, secondo i ricercatori, un bersaglio farmaceutico migliore rispetto alle placche amiloidi vere e proprie. Prenderla di mira potrebbe aiutare a scardinare l’appena identificato meccanismo continuo di produzione della proteina tossica.