Humanitas: in Olanda la convivenza felice tra anziani e studenti

E’ di origine olandese una best practice di successo di convivenza intergenerazionale. La casa di riposo Humanitas di Deventer, poco più di un’ora di treno da Amsterdam, ospita in modo gratuito dal 2012 studenti universitari in cambio di volontariato agli anziani della struttura. Presso Humanitas vivono attualmente 160 residenti al di sopra degli 85 anni, che hanno come vicini di stanza 6 studenti universitari sui vent’anni. In cambio di 30 ore di volontariato al mese al servizio degli anziani della struttura, i giovani usufruiscono dell’alloggio gratis.

«Ma il più delle volte», spiega Peter Daniels, operatore sanitario di Humanitas, «i ragazzi fanno spontaneamente 60 o 90 ore di volontariato per gli anziani della struttura».

I benefici della convivenza sono davvero importanti, soprattutto per gli anziani, ma anche per i giovani. «Gli anziani dicono», spiega Gea Sijpkes, amministratore delegato di Humanitas, in un’intervista con Abc-Australian Broadcasting Corporation, «che i giovani portano il mondo esterno all’interno delle loro vite. Quando gli studenti tornano a casa da una lezione, da un concerto, o da una festa, condividono queste esperienze con i loro vicini. La conversazione si sposta dai dolori e malesseri degli anziani a chiedersi se la ragazza dello studente rimarrà a dormire nella struttura quella notte», precisa un articolo pubblicato su Citylab.

Il programma è nato nel 2012, quando c’è stato in Olanda un cambiamento della normativa sull’assistenza di lungo periodo, per cui i costi per l’assistenza degli anziani sono aumentati notevolmente «e così 60% dei nostri ospiti non ha potuto rimanere presso la nostra struttura perché l’assistenza stava diventando troppo costosa, così abbiamo dovuto fare un piano», afferma Daniels. «E dal momento che il denaro per l’assistenza è lo stesso per ogni istituto è difficile fare una distinzione nell’assistenza ma puoi fare una distinzione nel benessere delle persone, cioè puoi fare la differenza rendendole felici, e questo è ciò che abbiamo fatto», conclude. L’idea del programma è venuta all’amministratore delegato di Humanitas Gea Sijpkes, che di fronte a costi in aumento dell’assistenza agli anziani e anche degli alloggi per gli studenti ha pensato di ospitare gratuitamente studenti universitari, perché in questo modo ci sarebbe stato «un rendimento sociale degli investimenti per combattere la solitudine degli anziani».

Questo modello di convivenza intergenerazionale si sta diffondendo a livello internazionale. Da quando Humanitas ha aperto le sue porte agli studenti nel 2012, due case di riposo in Olanda hanno lanciato analoghi programmi, e una a Lione, in Francia.

Una ricerca del 2012 della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America rivela che l’isolamento sociale e la solitudine negli anziani sono associati a declino mentale e mortalità, ed è stato scoperto che l’interazione con amici e con la famiglia migliora la salute di chi è avanti negli anni. Cose molto semplici, come un saluto affettuoso, guardare un programma televisivo insieme, mangiare insieme pesce fresco comprato al mercato, possono significare molto per gli ospiti senior della struttura.

L’impatto del programma è anche estremamente positivo per i giovani: dà ai ragazzi un senso di connessione con le vecchie generazioni, spiega un articolo dell’Independent, «e aumenta in maniera significativa la probabilità che continueranno a fare volontariato dopo l’università».

«Una studentessa del programma ha perso suo padre e il suo vicino di 86 anni l’ha aiutata durante il periodo difficile», riferisce Peter Daniels, «quindi l’interazione è molto personale, e si sviluppano amicizie durature, ed entrambi rendono l’altro felice. I genitori di un altro ragazzo ospite della struttura ci hanno detto che loro figlio è diventato una persona molto più socievole, tanto che ha deciso di cambiare il suo piano di studi da design urbano a design sociale». Quindi il programma ha un grande impatto sulla vita dei ragazzi. Tra gli anziani e i giovani si formano legami duraturi e genuini.

Gli studenti possono andare e venire a loro piacimento, basta che non disturbino i loro vicini anziani. Quello che è richiesto loro è di comportarsi come farebbe un buon vicino di casa. Questa è la seconda generazione di ragazzi che fanno volontariato. I giovani rimangono in media tre anni nell’alloggio per anziani. Lo scopo del programma è di «rendere Humanitas la casa di riposo più confortevole e bella in cui tutti vogliono vivere», spiega Gea Sijpkes.

E sono riusciti nell’intento: infatti, come rivela Daniels: «ora abbiamo una sorta di lista d’attesa e le persone che risiedono in altre case di riposo vogliono venire da noi, perché da noi non c’è mai un momento di noia, se vuoi tranquillità puoi averla, se vuoi una vita più attiva puoi trovarla ogni giorno».

La comunità coinvolta da Humanitas si sta sempre più espandendo: «Il programma coinvolge anche persone con disabilità, che al momento sono 5 e vivono nella nostra struttura. Noi le supportiamo e a loro volta loro aiutano le persone anziane, portandole in giro per una passeggiata, o andando a fare la spesa con loro. Ci sono 150 persone che lavorano nella casa di riposo, aiutate da 200 volontari, persone che vivono nell’area intorno, pensionati ma non solo», precisa Daniels. «A volte ci sono madri e padri teenager che vengono a farci visita, a volte gruppi di scolaresche, quindi ci stiamo assumendo sempre più responsabilità nei confronti dell’area che ci circonda».

Humanitas, inoltre, mette a disposizione moltissimi servizi: il pianterreno è aperto al pubblico e offre ristoranti, un barbiere, negozi, bar.

Il compito principale dei ragazzi è di occuparsi della cena degli anziani durante la settimana. La gestione del tempo restante è decisa dai giovani insieme ai loro vicini anziani. Le mansioni possono andare da guardare la televisione insieme, a offrire compagnia quando gli ospiti senior sono malati, celebrare il compleanno con gli anziani, che non hanno più nessuno con cui celebrarlo, insegnare loro come usare i social media, Skype, e persino insegnare loro la graffiti art.
(felicitapubblica.it)