La solitudine del caregiver, Pistoia 21 marzo 2016

Nella splendida cornice del Palazzo dei Vescovi di Pistoia si è parlato ieri della “solitudine del caregiver” con gli esperti della Fondazione Turati (organizzatrice del convegno) e alcuni illustri ospiti, a cominciare dal Presidente Nazionale dell’Auser Vincenzo Costa, dalla Professoressa Maino, direttrice dei percorsi di Secondo Welfare e ricercatrice, fino ai rappresentanti delle principali associazioni legate alla salute degli anziani e dei soggetti fragili, come Stefania Bastianello dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) che ha commosso l’affollata platea con la concretezza della propria case history. Tante le personalità che hanno voluto portare un saluto e una testimonianza, autorità e figure istituzionali della città di Pistoia.
Il Convegno, che si è concluso con la proiezione del film di Pupi Avati “una sconfinata giovinezza” in compagnia dello stesso regista, ha fatto il punto attorno a una domanda: chi aiuta le famiglie in difficoltà?
Il caregiver, ovvero “colui che dà assistenza” è infatti una figura insostituibile ma che spesso si trova sola. Le famiglie sono quasi sempre chiamate a dover fronteggiare in prima persona le necessità e i bisogni delle persone care, spesso parenti anziani o affetti da patologie invalidanti, senza ricevere purtroppo un’adeguata risposta da parte dei servizi pubblici.
In Italia sono circa tre milioni le persone tra i 15 e i 64 anni che si prendono cura di un familiare anziano o disabile – spiega Nicola Cariglia, Presidente della Fondazione Turati – poco più della metà concilia il lavoro dell’assistenza con un’occupazione, l’altra parte invece non lavora perché non può farlo. C’è bisogno di nuove politiche e di nuovi strumenti per sostenere i caregiver, che sono la spina dorsale del nostro welfare e che senza i quali crollerebbe. Nella nostra struttura di Gavinana, ad esempio, ci sono 16 posti letto per i malati di Alzheimer: l’Asl ne occupa un paio – continua Cariglia – e anche se la struttura non è una soluzione definitiva al problema, almeno consente alle persone di prendere un attimo di fiato. Occorrono però un’opera di sensibilizzazione e un quadro normativo: la malattia di un anziano, finisce col provocare debolezze, fragilità e scompensi anche al caregiver.