Coronavirus? Gli anziani hanno avuto più paura dei tumori

Anche in piena pandemia e durante il lungo periodo di isolamento sembra che gli anziani abbiano percepito come meno influente sul rischio salute il Covid19 rispetto ad ammalarsi di tumore o anche della semplice influenza. Il dato emerge da una ricerca svolta in Lobardia – la regione che ha pagato il prezzo più alto in termini di contagi – dall’Istituto Neurologico Carlo besta, in collaborazione con Auser regionale e altre associazioni di anziani.
Oltre cinquecento interviste, che hanno però coinvolto gli over65 delle associazioni stesse e dunque impegnate in attività relazionali e di volontariato, che tracciano il quadro di una classe di anziani attenta e virtuosa già prima della quarantena imposta dal Governo, adottando le giuste strategie di difesa sanitaria e che lasciano emergere altre priorità e segnali sociali.
Le interviste, realizzate tra marzo e aprile, hanno riguardato persone tra i 65 e i 91 anni, equamente divisi tra uomini e donne, metà delle quali con almeno una patologia cronica, come diabete, ipertensione, cardiopatie o osteoporosi. La quasi totalità era pensionata, ma attiva nel mondo di relazioni e di impegni nel settore del volontariato. Persone il cui livello culturale e socioeconomico è più elevato rispetto alla media – con solidi trattamenti pensionistici e vite realizzate – ma che in qualche modo rappresentano anche un indice dell’anzianità del prossimo futuro, sempre più scolarizzata e informata.
La loro informazione sulla pandemia, appresa in massima parte dalla televisione, vede internet raggiungere ben il 76% del campione che, in totale dimostra soddisfazione sia sulle proprie condizioni abitative, sia su quelle economiche e relazionali.
I più positivi, sempre secondo le interviste, si dimostrano gli anziani che non vivono da soli e hanno ruoli attivi nelle relazioni anche fuori dal proprio ambito familiare. Situazioni che portano a percepire una maggiore responsabilità nei confronti degli altri e un’accettazione anche culturale dei propri limiti in termini di età e aspettativa di vita. Anche nel caso di situazioni abitative di solitudine, emergono comunque legami al di fuori della famiglia che alleviano il senso di solitudine e isolamento. Si tratta di anziani senza figli, separati o mai sposati, anch’essa indicativa degli anziani del futuro, che trovano anche in legami relazionali più “deboli” ragioni di autonomia e di vita. Uno scenario che, per il futuro, pone particolarmente l’accento sull’allocazione delle risorse destinate alla loro assistenza, per spingere l’acceleratore sull’eliminazione dell’emarginazione “digitale” che colpisce molti anziani e sul mantenimento dell’autonomia relazionale il più a lungo possibile.