Da over 65 a 75, l’anzianità mette le lancette avanti

Se si è in salute è sempre più difficile sentirsi anziani al limite storico dei 65 anni, e milioni di donne e uomini di questa nuova età di mezzo sono infastiditi dall’essere definiti anziani. Ad aggiungersi alla discussione di queste ultime settimane sul tema anzianità è anche una ricerca Ipsos, che ha indagato abitudini e comportamenti di migliaia di anziani tra Europa, Australia e Stati Uniti.

La fotografia è quella di persone che oltre i 65 anni sono ancora indipendenti e in salute, con relazioni sociali molto attive e ancora molto da offrire agli altri e alla società.

In Italia, ad esempio, tre nuovi anziani su dieci ancora lavorano e sei su dieci sono perfettamente in grado di occuparsi attivamente della propria vita, gestendo la casa, occupandosi della propria salute e gestendo i risparmi.

Anche la vita sociale è molto attiva e al passo con i tempi: utilizzano smartphone e social network, accudiscono attivamente i nipoti con cui hanno spesso scambi culturali maggiori dei genitori, vanno al cinema, visitano musei, assistono a spettacoli teatrali e concerti.

Una realtà nuova rispetto al passato e ai luoghi comuni che ha messo i geriatri – riuniti all’ultimo congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria – a mettere le lancette avanti, alzando l’asticella dell’anzianità non più a 65 ma a 75 anni.

Del resto, statistiche alla mano, l’età media nell’ultimo mezzo secolo si è alzata di più di vent’anni, e negli ultimi dieci-quindici anni gli ultracentenari sono passati da 5.000 a quasi 18.000 con proiezioni che vedono aumentare con percentuali a tre cifre gli ultraottantenni già nel 2030.
I meriti sono anche quelli di una maggiore consapevolezza sugli stili di vita e dei progressi fatti dalla medicina, oltre che uno stato diffuso di benessere sociale ed economico (nonostante la povertà, che comunque non è più quella di una volta) ma, in definitiva, anche da una sorta di mutazione demografica su cui ci sarà ancora molto da studiare in questi prossimi anni.

La soglia della disabilità e della conseguente e connaturata fragilità arriva però allo scoccare dei 75 anni, età in cui molti anziani si trovano a dover fare i conti con il proprio stato di salute, con malattie cronicizzate e molto spesso con multi patologie e cure molto complesse, tutti fattori che comportano limitazioni funzionali e la riduzione della propria indipendenza.

Tutti dati confermato dai grando studi epidemiologici internazionali. La sfida del futuro, con l’età media e l’allungamento del periodo in cui si rimane anziani fragili e bisognosi di cure e assistenza, è riuscire a mantenere sufficienti gli standard del Servizio Sanitario.
Sul fronte personale, invece, la sfida è promuovere stili di vita in grado di ritardare il più possibile l’appuntamento con la fragilità e la presa in carico “pubblica”, stili di vita che migliaia di ricerche mediche in tutto il mondo sintetizzano con un antico proverbio tibetano: mangia la metà, cammina il doppio, ridi il triplo e ama senza misura.