Come abbiamo visto, il riconoscimento del diritto assistenziale dell’anziano non autosufficiente, sia nel livello assistenziale, sia nelle modalità, è previsto dal lavoro dell’Unità di Valutazione Multidisciplinare e regolato localmente secondo risorse disponibili, liste di attesa, possibilità oggettive.
Ma cosa succede se non ci si trova d’accordo con la risposta assistenziale proposta? Cosa è possibile fare per ottenere il riconoscimento di un diritto che ci appare negato?
Partiamo anzitutto da un dato: il servizio sanitario e di conseguenza le ASL non possono negare il diritto a una congrua assistenza dell’anziano non autosufficiente, né per mancanza di risorse, né per mancanza di organizzazione o strutture per la cura e il ricovero, né perché la malattia invalidante e la conseguente disabilità durano più di un periodo prestabilito.
La cura può avvenire a casa, in ospedale, in strutture di riabilitazione e lungodegenza o in residenze sanitarie non ospedaliere o sociosanitarie come le RSA.
Nessun malato che necessita di cure sanitarie può essere dimesso dall’ospedale dove è ricoverato a meno che non gli sia stata garantita la continuità delle cure gratuitamente in altre strutture o a domicilio.
Per le cure a domicilio è essenziale accertarsi della coninuità degli interventi terapeutici e che le prestazioni di cure domicliari, assistenza domiciliare integrata non siano in grado di garantire le prestazioni necessarie.
Prima di accettare le dimissioni dunque, soprattutto nel caso di malattie croniche e invalidanti, è bene valutare con molta attenzione le conseguenze che derivano dalle proprie decisioni e dalle proposte derivanti dalla struttura ospedaliera o dalla UVM.
Anche la proposta di ricovero in strutture assistenziali considerate inadeguate a garantire le cure necessarie e che richiedono in tutto o in parte il pagamento di una retta di degenza, devono essere valutate con attenzione.
In tutti questi casi ci si può opporre con una raccomandata e avviando un procedimento di revisione della situazione proposta anche per vie legali.
Riguardo alla richiesta di compartecipazione economica, valutazione che varia secondo ASL e Comuni perché connaturata alle risorse disponibili in ciascun ambito territoriale, è bene sapere che:
l’applicazione dell’ISEE è assolutamente obbligatoria ai fini dell’accesso ai servizi e alla verifica della situazione economica del richiedente.
La valutazione della situazione economica è limitata al nucleo familiare di appartenenza, di cui fanno parte solo i soggetti componenti la famiglia anagrafica. I soli familiari cui può essere richiesta legittimamente la valutazione del reddito sono limitati soli a quelli che convivono con il richiedente.
Nella valutazione del reddito non è possibile includere le provvidenze economiche di tipo assistenziale. Pensioni di inabilità, assegni di sussistenza, indennità di accompagnamento non concorrono alla formazione dei livelli di reddito valutati per la compartecipazione economica al servizio di assistenza proposto.
In presenza di una grave e conclamata disabilità del richiedente i soli redditi da prendere in considerazione in merito alla compartecipazione economica per l’accesso a servizi domiciliari o residenziali sono i soli redditi del richiedente la prestazione e non della famiglia.