Appropriatezza degli esami diagnostici, il richiamo di FederAnziani

“Nelle dichiarazioni susseguitesi in queste ore sul tema dell`appropriatezza abbiamo l`impressione che si stia dimenticando la cosa fondamentale, cioè che quando parliamo di sanità dobbiamo mettere al centro non tecnicismi, burocrazia o singole categorie, ma la persona umana con i suoi bisogni, la sua fragilità, facendo il possibile per garantire l`accesso alle cure e al tempo stesso l`appropriatezza assistenziale. E tutto ciò non è conseguibile se non lavorando uniti, abbassando i toni e comunicando con chiarezza ai cittadini ora confusi e disorientati”: così Roberto Messina, presidente di FederAnziani Senior Italia commenta le polemiche sul decreto appropriatezza. “Di fronte all`imperativo di garantire la sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale senza mortificare l`autonomia delle professioni, né ledere il diritto alla salute dei cittadini, è necessario che Ministero, regioni, sindacati, medici, società scientifiche e associazioni condividano un percorso e si spendano per far capire con chiarezza ai cittadini, ignari dei tecnicismi vari, cosa sta accadendo al Servizio Sanitario Nazionale di questo Paese. In quanto anziani – spiega Messina – siamo i primi ad avere interesse a che l`accesso alle prestazioni diagnostiche necessarie non sia limitato, visto che gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 67% degli accessi alle prestazioni diagnostiche erogate dall`SSN”. ” Abbiamo, del resto, piena fiducia nei camici bianchi e nella loro capacità di essere garanti dell`appropriatezza prescrittiva, e siamo disposti ad assumere a nostra volta questo ruolo di vigilanza, per porre un argine ai rischi della medicina difensiva. Ci chiediamo, invece, se si sia riflettuto a sufficienza sui potenziali costi che il Servizio sanitario dovrà sostenere – prosegue – per esercitare un costante controllo sulle presunte prescrizioni inappropriate; non vorremmo trovarci, infatti, a spendere decine di milioni di euro in uffici ispettivi e guadagnare un pugno di mosche in termini di riduzione dell`inappropriatezza; senza tener conto del rischio maggiore, quello della compromissione del rapporto di fiducia tra medico e paziente. D`altro canto, se è vero che in Italia si erogano 1 miliardo 365 milioni di prestazioni ogni anno, pari a 22,78 prestazioni in media per ogni residente, e che l`87% di queste è negativa, e se è stato stabilito che alcuni esami, una volta effettuati (a totale carico dell`SSN) possono essere ripetuti dopo 5 anni in assenza di patologie e particolari fattori di rischio, certamente esistono linee guida medico scientifiche che lo consentono. I cittadini/pazienti per primi devono comprendere che razionalizzare le prestazioni non significa togliere salute ai cittadini, ma operare per il mantenimento di un sistema universalistico, e per consentire di adeguare l`offerta di servizi ai nuovi bisogni sanitari, prodotti anche dall`invecchiamento progressivo della popolazione, e dalle opportunità offerte dall`innovazione. Per consentire ciò occorrono l`impegno e l`onestà intellettuale di tutti, senza strumentalizzazioni, perché la salute non è un costo ma una risorsa della nostra nazione”.