Gli anziani italiani sono più esposti al coronavirus rispetto agli altri paesi europei perché hanno più relazioni e sono più integrati nella vita sociale. E’ questo uno degli spunti dell’analisi effettuata da due ricercatori economisti – Moritz Kuhn e Christian Bayer – dell’Università di Bonn in base alle statistiche europee sulla diffusione del virus.
Rispetto agli anziani di altre nazionalità, infatti, i nostri nonni sono più intensamente legati alla vita sociale dei più giovani: incontrano più spesso figli e nipoti, spesso hanno ancora un figlio convivente, è molto più probabile che vadano a prendere i nipoti all’uscita della scuola e che li accudiscano in casa, inoltre si frequentano tra loro e svolgono piccoli servizi domestici – come pagare bollette o adempiere a qualche incombenza burocratica – anche per il resto della famiglia più impegnata nel lavoro.Questo insieme di circostanze, che in altri momenti è definita “qualità della vita e delle relazioni”, ed è tra i motivi per cui l’Italia ha la più alta aspettativa di vita tra i paesi del mondo occidentale, è però in questo momento tra i maggiori fattori di rischio per contrarre la terribile infezione.
La curiosità di uno dei ricercatori, che si è sposato e ha soggiornato in Italia a lungo, è nata proprio dalla differenza dei decessi italiani rispetto, ad esempio, alla Germania. Qui la maggioranza delle persone è risultata anziana, mentre là l’infezione riguarda soprattutto persone più giovani, in piena età lavorativa. Un dato che, visto che la malattia ha le stesse caratteristiche epidemiologiche, non può che essere riferito alle abitudini e allo stile di vita diverso tra il nostro e gli altri paesi.
Ciò che ne consegue è che gli anziani italiani, più di altri, dovranno sostenere un sacrificio maggiore e una più alta attenzione all’unica forma di prevenzione finora disponibile per contrastare la pandemia da coronavirus: stare a casa e limitare al massimo ogni possibile contatto con l’esterno.