Secondo recenti dati Istat al 31 dicembre 2015 in Italia si contavano 288 mila persone con più di 65 anni ospiti di strutture residenziali socio- assistenziali, di cui 218 mila non autosufficienti. Più della metà – cioè circa 100 mila persone – hanno più di 85 anni e solo il 12% di loro ha meno di 75 anni.
Ciò significa che circa 21 anziani su 1000 sono ospiti delle strutture residenziali socio-assistenziali e sociosanitarie e circa 16 ogni 1000 di loro sono in condizione di non autosufficienza. Mediamente su 1000 donne residenti, 28 vivono nei presidi, contro i 13 uomini per 1000 residenti.
Il punto è che il divario fra nord e sud è immenso. Al nord ci sono in media 30 anziani ospitati ogni 1000 abitanti, di cui 25 su 1000 per non autosufficienti, mentre al sud, isole escluse, ce ne sono 9 per 1000 abitanti, e nelle regioni del centro 15 per 1000.
Dati che riflettono le differenze in termini di posti letto: si passa dai 4200 posti letto per over 65 in Trentino Alto Adige e agli oltre 3000 di Valle D’Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna, ai 540 della Campania e ai 930 della Calabria. In generale – come si evince dal grafico sottostante – la divisione fra nord e sud è netta.
A pagare le spese di questa lacuna assistenziale sono – evidentemente – gli anziani non autosufficienti. Se infatti la differenza fra il numero di ospiti autosufficienti non differisce da nord a sud del paese, il gap si apre a ventaglio fra i cittadini non autosufficienti, in particolare fra la popolazione femminile, e anche le regioni del centro mostrano un’offerta molto scarsa. Al nord ci sono 15 maschi non autosufficienti ospiti dei presidi, il triplo di quanti ce ne sono nel Centro e nel Meridione. Va un po’ meglio nelle isole, dove se ne contano 8 per 1000.
Nel caso delle donne non autosufficienti ospitate invece il gap si allarga: 35 vs 6 per 1000, tranne nelle isole dove se ne contano 21 per 1000 residenti.
Questi dati ci stanno dicendo che nel centro-sud molte persone che avrebbero bisogno di assistenza vivono di fatto in famiglia, sobbarcando queste ultime dell’onere del supporto degli anziani nelle loro attività quotidiane. Non è un caso dunque se – come raccontavamo qualche settimana fa – al Centro-sud è maggiore il tasso di persone con più di 65 anni con limitazioni che vive in famiglia e che manifesta difficoltà nelle attività quotidiane più semplici. Come riporta l’ultimo rapporto di OsservaSalute, nel 2015 il 9,1% degli over 65 con limitazioni che vivevano in famiglia al nord dichiarava di avere difficoltà a svolgere attività di cura della persona, contro il 14% del centro-sud.
Infine, crescono le prestazioni infermieristiche gestite da non infermieri. Il 31,1% delle famiglie intervistate da Censis (e il 58% di chi ha in famiglia una persona non autosufficiente) ha dichiarato di rivolgersi a un parente o a un conoscente, il 16,1% a operatori socio-sanitari, il 14% a personale di assistenza non qualificato come le badanti.
Un recente rapporto di AUSER pubblicato nel 2017 mette invece in luce un altro aspetto importante: in tutti i servizi sono diminuiti gli anziani presi in carico, nonostante cresca il numero di anziani non autosufficienti; gli utenti ospiti di strutture residenziali fra il 2009 e il 2013 sono diminuiti del 9,1%; quelli che hanno l’indennità di accompagnamento sono scesi dal 12,6% del 2011 al 12,0 del 2013. La spesa per servizi sociali per anziani di regioni e comuni dal 2009 al 2013 è diminuita del 7,9%. La spesa destinata agli anziani ha subito un riduzione dell’8%: del 16,7% nel Nord ovest, del 4,3% nel Nord est, del 4% nel Centro, del 9,1% nel Meridione. Nello stesso periodo i valori pro capite della spesa per anziani sono scesi a livello nazionale da 119 a 107€, passando dai valori massimi del Nord est di 112€ ai valori minimi del Meridione di 50€.
Il Fondo nazionale per le politiche sociali – si legge nel rapporto – con i continui tagli, che hanno raggiunto anche livelli del 30-40% annuo, è stato fortemente ridimensionato dalle leggi finanziarie annuali, tanto che nel 2016 la dotazione del fondo è del 78% in meno di quella che aveva nel 2009. Ciò significa per gli enti locali la scomparsa di una fonte di finanziamento che contribuisce per il 12,1% alla spesa sociale.
Anche dal punto di vista dell’Assistenza domiciliare integrata (ADI) e dei Servizi di Assistenza Domiciliare (SAD) infatti la situazione è stagnante. Per ADI si intende il sistema di interventi e servizi sanitari offerti presso il domicilio dell’assistito, mentre per SAD tutti i servizi socio-assistenziali erogati dai comuni sul proprio territorio a favore della popolazione anziana. Secondo il rapporto di AUSER, nel quinquennio 2009-2013 i comuni che offrono il servizio di assistenza domiciliare integrata sono passati dal 41,9% al 41%, anche se la buona notizia è che questa percentuale è aumentata sensibilmente nel Meridione, passando dal 39,1% al 52,3% dei comuni che offrono questi servizi. Ciò comunque significa che a fronte di pochissimi posti letto nei presidi, al sud solo la metà del comuni offre servizi di assistenza domiciliare integrata e solo il 72,2% di essi offre servizi di assistenza domiciliare, contro la media nazionale dell’85,7%.
Tirando le somme, la conseguenza è che le famiglie sono costrette a pagare di tasca propria per l’assistenza infermieristica. Un rapporto di Censis del 2017 intitolato Il mercato delle prestazioni infermieristiche private e l’intermediazione tra domanda e offerta , evidenzia chiaramente che al sud questo fenomeno (non solo riferito agli over 65) è più evidente: si è rivolto a un infermiere pagando di tasca propria il 24,7% dei cittadini del Nord-ovest, il 16,9% del Nord-Est, il 19,2% del Centro ed il 32,8% del Sud-isole. In generale sono 12,6 milioni gli italiani che si sono rivolti a un infermiere privatamente pagando di tasca propria, di cui 920 mila richieste provenienti da famiglie con un non autosufficiente, e 2,3 milioni di esse ha avuto bisogno di assistenza prolungata nel tempo. E intanto cresce anche il ricorso agli intermediari, come le cooperative sociali, a cui si è rivolto il 12,1% dei cittadini che avevano bisogno di un infermiere e non sono riusciti a trovarlo, in particolare il 18% delle famiglie con persone non autosufficienti, anziani e non.
(Il sole 24 ore)