Dare un orizzonte ed un contenuto di protezione alla dignità umana non è un optional ma una straordinaria esigenza che deve interrogare il mondo professionale ed una cartina al tornasole
per verificare la nostra maturità. Specie in tempo di crisi in cui sono davvero prepotenti le spinte che tendono a ridimensionare i diritti, in particolare di quelli fondanti la solidarietà politica, economica e sociale delle persone più fragili, a patto che si voglia davvero contrastare il crescere a dismisura delle tante forme di disuguaglianza sociale della postmodernità. Dignità che occorre (ri)posizionare al vertice della scala dei valori della democrazia (Flick, 2014), considerandola come un bene da tutelare in sé, di tutti e di ciascuno; soprattutto nel caso in cui questo qualcuno abbia una sua intrinseca debolezza costituzionale come avviene nel caso delle persone anziane, dei bambini, dei poveri, dei disabili, dei disadattati e degli emarginati. Senza ricorrere ad essa utilizzandola a guisa di orpello retorico e senza banalizzarla, perché la genericità e l’ambiguità sono, ricorrendo ad una metafora, veicoli pericolosi che non dobbiamo guidare, nel traffico della modernità, con la speranza di raggiungere la mèta agognata la quale, pur nelle diverse prospettive morali (Hoffe, 2016), resta quella di considerare la persona come fine e non già come mezzo e di vedere nella dignità il segno distintivo della comune appartenenza all’umanità…Scarica il documento dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria