Reparti di pronto soccorso sempre più in affanno per l’alto numero di anziani che vi ricorre, spesso come unica soluzione a problemi non sempre gravi o urgenti, e al contempo il numero dei geriatri in servizio e dei posti letto disponibili per il settore che si riduce progressivamente.
Da due anni, secondo la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e la Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT), una proposta di legge e di riordino del sistema “anziani” è ferma sul tavolo del Ministero della Salute e della Conferenza Stato-Regioni e mai esaminato dalle Commissioni. Da qui l’allerta e l’appello affinché si approvi con urgenza in Conferenza Stato-Regioni il documento ministeriale di indirizzo dell’assistenza ospedaliera geriatrica.
Secondo le società di rappresentanza sono appena 2.500 gli specialisti e solo 3.560 i posti letto in geriatria, a fronte di un afflusso in Pronto Soccorso determinato soprattutto dai malati più anziani e di più difficile gestione.
La richiesta è un maggiore disponibilità di posti letto di geriatria e di implementare, nei reparti ospedalieri di pronto soccorso, percorsi dedicati ai pazienti geriatrici, istituendo al contempo la figura dell’infermiere di emergenza geriatrica con formazione professionale specifica.
L’appello fa riferimento a uno specifico documento predisposto già nel 2018 presso il Ministero della Salute con la partecipazione anche dei rappresentanti delle due società scientifiche.
L’indice di vecchiaia, dati alla mano, è un vero e proprio record per il nostro Paese dove, a fronte di 100 giovani ci sono quasi 170 ultra sessantacinquenni. Longevità che vede un ricorso sempre maggiore alle cure ospedaliere per la molteplice presenza di malattie croniche.
Secondo gli ultimi dati disponibili sono un milione e trecentomila i ricoveri ospedalieri che riguardano gli anziani, con una degenza media di nove giorni. Eppure il numero di posti letto in geriatria e delle specializzazioni geriatriche non è in grado di reggere a quella che si può definire una vera e propria “onda d’urto”, che vede anche i pronto soccorso gestire con criticità – soprattutto in termini di appropriatezza e tempi e modalità di risposta – questi pazienti più fragili.