La ricerca sulle demenze si è sempre concentrata sui fattori di rischio dei cosiddetti “giovani anziani” agendo solo superficialmente su chi raggiunge età molto avanzate, addirittura centenarie. Da qui la convinzione che raggiungere con la mente lucida la quarta età ci metta al riparo da questa invalidante malattia.
L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha invece dimostrato, con uno studio sostenuto dalla Fondazione Italo Monzino, che al crescere di queste età avanzate cresce anche – ed esponenzialmente – il rischio di demenze.
Il dossier, pubblicato in questi giorni sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, illustra un lungo lavoro di ricerca avviato nel 2002 in provincia di Varese e che ha coinvolto per ben 16 anni 2.500 grandi anziani, tra cui 267 ultracentenari. Una ricerca finora unica nel panorama scientifico del settore, proprio perché prende in considerazione per un lungo periodo di tempo un segmento di età poco studiato per l’insorgere delle malattie legate al declino e alla perdita cognitiva.
Impressionanti i dati, che dimostrano come l’incidenza della demenza, che è di circa l’8% negli ultra ottantenni, raggiunge il 14% in chi ne ha più di 90, il 22% nei centenari e addirittura il 48% in chi raggiunge età superiori ai 105 anni. Evidenze che dimostrano che l’apparente rallentamento delle demenze dopo gli ottant’anni sia influenzato dall’effetto della mortalità dei soggetti studiati, e che invece il rischio continua a crescere rapidamente anche nelle età più avanzate.
Gli obiettivi della ricerca, dunque, nella speranza di trovare strategie di trattamento ancora più efficaci per prevenire e cercare di sconfiggere queste malattie, riducendone l’enorme impatto sull’individuo, la famiglia e la società, dovrebbero sempre più focalizzarsi anche sui grandi anziani.