In tempi in cui giovani e giovanissimi comunicano con le infinite applicazioni di messaggistica, audio e video a disposizione su qualsiasi telefonino, sorprende come per la terza e quarta età più fragile e più sola si sia ancora in alto mare. Certo le tecnologie ormai sono al centro di tanti progetti di assistenza, al proprio domicilio come nelle strutture residenziali, e ci sono persino interessanti sperimentazioni e integrazioni assistenziali con i robot, ma per quanto riguarda il male del secolo: la solitudine, tutto sembra ancora da fare.
Certamente il tornaconto economico dei mercati del digitale poco si interessa ancora dei piccoli numeri e delle esigenze “di nicchia”, ma è ormai un fatto che facilitare le comunicazioni di queste persone dovrebbe essere sentito come un’esigenza di cui almeno le strutture pubbliche, come istituti di ricerca governativi e università, dovrebbe farsi carico.
Non fosse altro che per il fatto che isolamento e solitudine, prima ancora che la fragilità dovuta al cattivo stato di salute o del declino cognitivo, sono davvero pane quotidiano per qualche milione di persone anche nel nostro Paese, che per numero di anziani e aspettativa di vita è il secondo al mondo, dopo il Giappone.
La carenza di relazioni oggettiva, o la solitudine sempre più spesso percepita per la discrepanza tra le relazioni sociali che si hanno e quelle che si vorrebbero avere, dovrebbe essere il motore di nuove ricerche e ausili tecnologici per far fronte all’assistenza e alla compagnia necessaria alla popolazione che invecchia. Soprattutto quando si parla di non autosufficienza, i cui dati vedono in Italia quasi duecentomila assistiti in case di riposo e strutture sociosanitarie e almeno quattro milioni di non autosufficienti assistiti da coniugi, figli o altri familiari, amici e vicini. Assistenza che, dopo una forma qualsiasi di presa in carico, vedono impoverirsi attorno a loro e a chi li assiste relazioni e comunicazioni e che – anche senza una spesa diretta del Servizio Sanitario Nazionale che non ha risorse sufficienti – si trasforma a sua volta in una serie di costi sanitari e sociali.
Costi che potrebbero essere evitati, cominciando a considerare anche le barriere sociali, relazionali, mentali ed emotive, al pari delle barriere fisiche tra l’anzianità e i suoi bisogni e il mondo esterno, con gli enormi investimenti tecnologici e digitali e le disuguaglianze che si portano dietro.