A Pistoia meno ricoveri, con l’infermiere territoriale al pronto soccorso

Meno pazienti con accessi ripetuti in pronto soccorso e meno ricoveri. Diminuiscono le degenze e crescono i vantaggi per gli ammalati, ai quali vengono offerti servizi alternativi all’ospedalizzazione. E’ il progetto della AUSL3, per il momento ancora in fase sperimentale, ma destinato a fare strada: con l’attivazione dell’infermiere del territorio, all’interno del pronto soccorso, del presidio ospedaliero San Jacopo di Pistoia sono stati valutati, in soli 45 giorni, 348 pazienti, con un’età superiore a 65 anni, e per 141 di loro è stato attivato un percorso assistenziale diverso rispetto al ricovero ospedaliero.

Il progetto ha dimostrato subito la sua efficacia e ha provato che la continuità ospedale-territorio può anche essere realizzata in una struttura deputata all’emergenza e urgenza.  Il pronto soccorso ha, infatti, rappresentato un punto privilegiato di osservazione e di presa in carico dei pazienti che si recano ripetutamente presso i servizi ospedalieri, senza poi trovare la risoluzione a loro problemi, sanitari o socio-sanitari. Anche nella realtà del territorio dell’Azienda ASL 3 si registra, infatti, un notevole aumento della percentuale di pazienti anziani che fanno ricorso, più volte, al pronto soccorso.

Dal 15 luglio al 30 settembre scorsi, è stato avviato il progetto sperimentale specifico nel pronto soccorso pistoiese:  un  infermiere esperto del territorio, ha iniziato un periodo di presenza continuativa all’interno della struttura durante il quale ha valutato i pazienti anziani con reingresso e quelli a  rischio di reingresso utilizzando il Rowland’s test (lo strumento di valutazione in base al quale attraverso specifiche domande fa prevedere la nuova visita in pronto soccorso o l’ospedalizzazione).  All’individuazione dei casi è seguita una prima valutazione ed un confronto, anche  telefonico, con i Medici di medicina generale, per inquadrare il paziente, i suoi bisogni clinici ed assistenziali, ed i motivi dell’accesso al pronto soccorso.

Per i 141 casi  sono state proposte ed attivati interventi differenziati in relazione al bisogno rilevato:  dall’assistenza domiciliare fino a dei progetti assistenziali che prevedevano il coinvolgimento dei servizi sociali. In particolare per quei pazienti che presentavano situazioni più complesse, sono anche stati svolti dei monitoraggi domiciliari e per favorire il miglioramento delle condizioni di coloro che presentavano patologie croniche  (scompenso, diabete, ipertensione, broncopneumopatia cronica ostruttiva) previsti e realizzati i percorsi assistenziali di Chronic Care Model (CCM). Le persone “anziane fragili” hanno invece usufruito della “sorveglianza attiva”, sia attraverso visite domiciliari che follow up telefonici.

L’infermiere esperto in pronto soccorso è stato anche abilitato ad utilizzare una serie di data base (il portale Dedalus, il programma CARIBEL e il  programma AS-400) , risultati fondamentali per consultare ed attivare la rete dei servizi territoriali (dal medico di famiglia alle unità valutative multiprofessionali) ed i percorsi (dalla fornitura degli ausili all’invio agli ambulatori per le ferite difficili fino all’attivazione dei centri residenziali).

Per il direttore sanitario Lucia Turco il progetto ha confermato che il ricorso al pronto soccorso da parte degli anziani, alcuni dei quali anche non autosufficienti,  è spesso improprio: numerosi ricoveri sono evitabili se viene offerto un appropriato piano assistenziale extra-ospedaliero.  “Fino a questo momento la continuità assistenziale si realizzava all’uscita dell’ospedale: il nostro progetto ha dimostrato che, trovandosi l’infermiere territoriale già all’ingresso del pronto soccorso, è possibile ridurre non solo le probabilità di nuove e ripetute visite e prestazioni in pronto soccorso, ma, soprattutto  diminuisce l’ospedalizzazione. Come evidenzia la letteratura se i pazienti ritenuti a rischio di ri-accesso vengono seguiti da una buona equipe composta dal Medico di Medicina Generale e dal personale infermieristico domiciliare, le capacità funzionali sono meglio mantenute nel tempo: si conseguono maggiori benefici per i malati ed una riduzione dei costi per la sanità pubblica. Un intervento sicuramente efficace, un progetto certamente innovativo, che una volta sviluppato potrà rendere più appropriate cure e assistenza”.