Anziani che si bevono le fake news? E’ una fake news.

Si discute molto di fake news e della loro diffusione virale, e sono molti i casi – a cominciare anche da studi provenienti dalle nostre stesse Istituzioni – in cui la responsabilità di una buona parte di queste è addossata agli anziani. Sarebbero, secondo uno sbagliato e superficiale sentire comune, i più esposti a causa della poca dimestichezza con i mezzi di comunicazione “social” di oggi, il declino cognitivo, per la loro credulità e il maggiore isolamento sociale e dunque anche informativo.
Ebbene, questa logica è a sua volta una fake news, dal momento che l’incidenza di chi cade nel tranello informativo e lo diffonde, è la medesima per ogni classe di età e anzi, sono proprio le persone anziane quelle che meglio possono distinguere una falsa notizia da una vera. Lo prova uno studio – basato sulla diffusione delle fake news durante la campagna elettorale americana del 2016 – recentemente pubblicato dall’Università di Harvard, dal titolo “Aging in an era of fake news” che tende a far luce su alcuni aspetti importanti della percezione “anziana”.
La ricerca smonta passo dopo passo i problemi cognitivi, perché è spesso il più anziano quello che controlla meglio una notizia anche se non ricorda dove l’ha appresa; così come l’analfabetismo digitale e i problemi di isolamento sociale, dal momento che ci sono fasce di età più isolate socialmente degli anziani.
L’anello debole di questo tipo di diffusione, secondo i ricercatori, è semmai da attribuire al fatto che molti anziani hanno una rete di relazione molto forte, sulla quale fanno un fortissimo affidamento. Gli adulti più anziani spesso privilegiano gli obiettivi interpersonali piuttosto che la precisione, utilizzando la tecnologia per connettersi con gli altri, piuttosto che per acquisire nuove informazioni. Se dunque una fake news entra in questo meccanismo di fiducia è più facile che sia creduta, discussa e diffusa.