Depressione e demenza, un legame sempre più accertato

La conferenza “Memory in the Diseased Brain” promossa nei giorni scorsi dall’Accademia Pontificia delle Scienze e dedicata a approfondire i legami tra processi cognitivi, memoria e patologie del sistema nervoso non ha dubbi: la depressione è un importante fattore di rischio per le malattie croniche e degenerative degli anziani ed è un campanello di allarme per l’Alzheimer.
I soggetti affetti da depressione hanno infatti probabilità doppie rispetto agli altri di andare incontro alla demenza, sopratutto se donna, con stili di vita non sani e associazioni ad altre malattie vascolari e metaboliche.
Tutti gli standard di salute pubblica tengono d’occhio quella che sembra sempre più diventare un’emergenza, con il 5% degli over65enni colpiti e una buona metà degli ultra90enni, e con costi stimati in cento miliardi di dollari all’anno solo negli Stati Uniti.
Prevenire la depressione diventa così uno dei fattori chiave per cercare di mantenere e aumentare la fascia vicina al 50% di grandi anziani che hanno conservato nel tempo tutte le proprie facoltà e che non è interessata dal fenomeno del declino cognitivo.
A concorrere a questo tipo di prevenzione, supportata ormai da studi di sempre più larga scala, ci sono non solo gli antidepressivi farmacologici, compresi quelli di nuova generazione e più selettivi, ma anche gli stili di vita.
Socializzare, tenere sveglie nel tempo le capacità di studio e risoluzione dei problemi, condurre stili di vita più sani a partire da dieta e movimento, sono fattori indubbi di prevenzione, che possono migliorare la vita degli anziani e contenere gli enormi costi sociali che la crescita di queste malattie costringe ad affrontare.
In particolare studio e apprendimento sembrano allontanare l’insorgenza della demenza che tende a colpire di più gli stati sociali e di istruzione più modesti, più predisposti all’isolamento sociale.
Forme di prevenzione che possono coinvolgere, prima che il settore farmacologico, anche un aumento delle cure psicoterapeutiche territoriali e un ruolo sempre più riconosciuto di volontariato e terzo settore in tutte quelle attività di prossimità: dalle università della terza età, ai corsi e altre attività che cercano di sconfiggere l’isolamento e la solitudine dell’anziano riportando il buon umore.